I Decreti del Ministero della Sanità del 18 marzo 1998 rappresentano
una pietra miliare nella evoluzione della ricerca clinica nel nostro Paese:
hanno di fatto decentralizzato il meccanismo di gran parte delle autorizzazioni
allo svolgimento di sperimentazioni cliniche su farmaci, delegando ai Comitati
Etici (C.E.) locali il compito sia di valutare il protocollo di studio
che di analizzare la documentazione sul farmaco, al fine di esprimere il
"Giudizio di Notorietà".
Come premessa occorre ricordare che il decreto "Linee guida di riferimento
per l'istituzione ed il funzionamento dei Comitati Etici" identifica una
serie di esperti che dovrebbero essere inclusi nella composizione di ogni
Comitato Etico, e fra questi viene indicato il Farmacologo.
Il Farmacologo, ed in particolare un Farmacologo medico, vale a dire
con adeguate conoscenze in campo medico, può essere considerato
il referente scientifico che più di altri è in grado di analizzare
la documentazione proposta all'attenzione del Comitato Etico.
I compiti cui deve adempiere possono essere così riassunti:
valutare l'attività farmacodinamica di un nuovo principio attivo
e l'adeguatezza dei dati farmacocinetici e tossicologici presentati; contribuire
alla valutazione dei risultati delle prove cliniche già effettuate,
per la formulazione di un giudizio di notorietà e/o della continuazione
degli studi clinici di fase successiva a quella conclusa.
E' utile ricordare che per tali scopi il Farmacologo deve illustrare
gli aspetti più innovativi delle ricerche proposte, sottolineare
le opportunità più interessanti per il progresso della terapia
-in base ai risultati farmacodinamici ottenuti nella fase preclinica- ed
esprimere -in base ai dati di tossicità sperimentale- un giudizio
sui benefici- terapeutici attesi in rapporto ai rischi ipotizzabili.
Di conseguenza è indispensabile che dati precisi su tutti gli
studi preclinici, se non compresi già nell'Investigator Brochure,
siano, dal proponente la ricerca, obbligatoriamente presentati al C.E e
specificatamente al Farmacologo.
Il C.E, in base alla documentazione presentata e in base al parere
dei vari esperti e in particolare del Farmacologo, deve, come riportato
nel D.M., esprimere, se richiesto, il "Giudizio di Notorietà di
un farmaco", che è un passo molto importante per l'autorizzazione
alla sperimentazione clinica di un farmaco, ed approvare la sperimentazione
tenendo conto, tra l'altro, degli aspetti scientifici ed etici dello studio,
nonché degli aspetti organizzativi propri della struttura.
Proprio per quanto riguarda il Giudizio di notorietà o meglio
"SULL'ESENZIONE DAGLI ACCERTAMENTI DA ESPLETARE DA PARTE DELL'ISTITUTO
SUPERIORE DI SANITà (ISS) SULLA INNOCUITà E LA COMPOSIZIONE
DEL MEDICINALE PRIMA DELLA SPERIMENTAZIONE SULL'UOMO" sorgono alcuni problemi
che il legislatore non ha ben chiarito e che questo gruppo di studio ha
ritenuto opportuno esaminare al fine di formulare alcune considerazioni
e proporre alcuni suggerimenti per il funzionamento dei C.E. Appare chiaro
che il D.M. è stato formulato unicamente sulla base di quanto fino
ad oggi richiesto per registrare un nuovo farmaco e non ha previsto (o
per lo meno non sono indicate regole chiare) come deve essere autorizzato
uno studio proposto da parte di un ricercatore (universitario, di istituzione
pubblica di ricerca, di istituto di ricovero e cura a carattere scientifico:
IRCCS) riguardante l'utilizzo di un farmaco registrato, già da tempo
quindi introdotto in terapia, per una indicazione diversa da quella approvata
dal decreto di immissione in commercio (AIC).
In questa situazione, questo gruppo di lavoro ritiene (stante la confusa
situazione legislativa -vedi dopo- e in attesa di una specifica spiegazione
da parte del Ministero della Sanità, la cui ultima circolare esplicativa
dell'8 aprile 1999 -G.U.19/4/199- non risulta al riguardo chiarificatrice)
che per un farmaco, già da tempo introdotto in terapia e quindi
con caratteristiche farmacodinamiche, cinetiche e tossicologiche note non
sia necessario da parte del C.E. esprimere un Giudizio di Notorietà
prima di autorizzare lo studio, nè ovviamente ricorrere ad accertamenti
da parte dell'ISS.
Si ritiene che con la valutazione da parte del Farmacologo e del Clinico
dei dati delle prove precliniche e cliniche (sicuramente noti essendo un
farmaco già registrato) e dei benefici terapeutici attesi in rapporto
ai rischi ipotizzabili, il C.E. possa direttamente approvare - o non approvare
- il piano di ricerche proposto da un ricercatore di strutture pubbliche.
Ovviamente resterebbe fermo il divieto di utilizzare, in queste situazioni,
(cfr paragrafo d, PUNTO I D.M 18 marzo 1998; G.U. 28/5/1998) i risultati
ottenuti a fini dell'ottenimento dell'AIC.
Questa procedura proposta, comportante l'esenzione da un formale Giudizio
di notorietà, potrebbe rivelarsi oltre che legittima, trattandosi
di un farmaco registrato, anche utile per semplificare le procedure, per
non ingolfare le strutture preposte alla ricezione delle Dichiarazioni
di Notorietà, anche per, fatto assolutamente non trascurabile, non
divulgare argomenti di ricerca, talvolta soltanto a livello di idea.
D'altra parte non si comprende come si possa procedere altrimenti;
attualmente interpretando in maniera "estensiva" (in difformità
da quanto riportato nel D.M. 18 marzo 1998; G.U. 28/5/1998) i vari C.E.
provvedono ad emettere Giudizi di Notorietà su farmaci registrati
per impieghi in ricerche aventi indicazioni diverse da quelle ufficialmente
autorizzate.
Stando alle norme di cui l'allegato 1 del D.M. in oggetto (nella parte
"Modalità per l'esenzione degli accertamenti sui medicinali utilizzati
nelle sperimentazioni cliniche") la dichiarazione di un giudizio di notorità
non appare possibile. Questa affermazione nasce dall'esame combinato del
paragrafo a) ALLEGATO 1 e dei PUNTO I e II dello stesso allegato (D.M.
18 marzo 1998; G.U. 28/5/1998 pag. 20-21).
L'allegato 1 di detto D.M. così recita: deve essere richiesto
al comitato etico locale il giudizio di notorietà nei casi in cui
il proponente, quindi anche il ricercatore, dichiari documentandolo:
a) che per il medicinale sono disponibili sufficienti dati relativi
alla qualità ed alla sicurezza nell'uomo, in rapporto alla indicazione
terapeutica proposta per la sperimentazione clinica. Questa espressione
sembrerebbe rendere possibile autorizzare, da parte del C.E. (tramite preventiva
dichiarazione di notorietà, dichiarazione basata sul fatto che esistono
dati più che sufficienti di qualità e di sicurezza nell'uomo)
l'impiego di un farmaco registrato in una sperimentazione clinica studiata
e disegnata per verificare, sulla base di una idea innovativa del ricercatore,
l'utilità terapeutica in una diversa patologia. Questa interpretazione
sembra però non potere essere sostenuta se si esaminano le successive
locuzioni dello stesso allegato. Al paragrafo b), come seconda condizione,
alternativa alla prima, per chiedere il giudizio di notorietà è
scritto:
b) che il medicinale rientri in una o più delle CONDIZIONI
DI AFFIDABILITà (PUNTO I) e RELATIVE SPECIFICHE (PUNTO II)
Le Condizioni di affidabilità e relative specifiche risultano
essere:
c) il medicinale sia già autorizzato all'immissione in
commercio in uno o più Paesi aderenti allo Spazio economico europeo
e/o in Australia, Canada, Nuova Zelanda, Stati Uniti d'America ed abbia
uguale indicazione, dosaggio, posologia, durata del trattamento e via di
somministrazione. In caso contrario è richiesto il supporto di dati
clinici adeguati. Risulta chiaro quindi che quanto indicato al paragrafo
a) non riguarda il giudizio di notorietà di un farmaco già
registrato, ma riguarda un farmaco nuovo, studiato sotto il profilo farmacotossicologico
e già saggiato nell'uomo senza avere ancora ottenuto l'AIC. Per
autorizzare un ricercatore (universitario o di altre istituzioni pubbliche)
ad effettuare una ricerca su un farmaco di cui si conosce (in quanto già
in commercio) la sicurezza e l'affidabilità; nell'uomo, ricorrendo
alla dichiarazione del Giudizio di notorietà, si potrebbe, secondo
alcuni, applicare il paragrafo d) (PUNTO I)
Questo paragrafo, indicato dallo stesso D.M. come riservato alle sperimentazioni
proposte da ricercatori di strutture universitarie e/pubbliche con la clausola
che i risultati non vengano utilizzati a fini dell'AIC, non sembra però
di aiuto, anzi sembra ribadire il divieto di emanare un Giudizio di Notorietà.
Il ricercatore infatti può ottenere l'esenzione dagli accertamenti
dell'ISS e quindi chiedere la dichiarazione di notorietà se:
d) il medicinale sia già stato utilizzato con risultati
favorevoli, dando prova di qualità e sicurezza nell'uomo, in rapporto
alle indicazioni terapeutiche proposte, come comprovato da dati della letteratura
scientifica internazionale. Quindi su base di risultati di ricerche già
effettuate da altri ricercatori.
Né si può ritenere che i dati della letteratura scientifica
internazionale riguardino la qualità e sicurezza nell'uomo, in quanto,
sempre attenendosi alle Specifiche di affidabilità del PUNTO II,
che, secondo quanto pubblicato nella G.U., devono essere applicati a tutti
i paragrafi del PUNTO I (quindi anche al paragrafo d), il medicamento dovrebbe
avere uguale indicazione, dosaggio, posologia, durata del trattamento e
via di somministrazione.
In pratica quindi, stando letteralmente a quanto riportato, un ricercatore
appartenente alle strutture pubbliche potrebbe ottenere il Giudizio di
Notorietà e quindi fare nuove ricerche su un farmaco già
registrato solo se decidesse di ripetere studi già effettuati da
altri ricercatori e, fatto paradossale, da ricercatori non italiani. Il
ricorrere quindi attualmente all'emissione di Giudizi di Notorietà,
oltre ad essere ingiustificato dall'attuale normativa, porterà,
se mantenuto, all'emissione di un numero infinito di Giudizi, sicuramente
ripetitivi e privi di qualsiasi significato scientifico e normativo.
Nell'ambito di quanto riportato dal D.M. in questione, questo gruppo
desidera anche sottolineare che si nota una posizione negativa in tutte
quelle circostanze nelle quali una "nuova terapia venga proposta e testata."
Questo sia per le nuove indicazioni che anche per le nuove molecole. In
nessuna parte del D.M. viene infatti messa a fuoco la necessità
organizzativa e soprattutto temporale riguardo a sperimentazioni di Fase
I su volontari sani. Anche se questo tipo di indagini è numericamente
diminuito negli ultimi anni, appare certamente inopportuno escludere le
competenze e la capacità dei farmacologi clinici italiani da questo
settore.
Circa i compiti attribuiti al Farmacologo, è anche da sottolineare
la problematica riguardante la dichiarazione di un Giudizio di Notorietà
nel caso di sperimentazioni multicentriche. Si ritiene che, in tal caso,
sia di fondamentale importanza che il Farmacologo sia presente nella composizione
del Comitato Etico che esprime tale giudizio, o che come previsto dal D.M.-
sia stato almeno cooptato nella riunione che ha espresso tale giudizio.
Qualora ciò non fosse, potrebbero sussistere le condizioni perchè
il Farmacologo del Comitato Etico del centro chiamato a partecipare allo
studio proponga che la sperimentazione venga rifiutata. E' opportuno
ricordare che un Comitato Etico "accettore", in aderenza a quanto indicato
nel D.M. e nella successiva circolare esplicativa, non può riesaminare
un Giudizio di Notorietà già espresso, ma può solo
accettarlo o rifiutarlo.
Questa proposta trae giustificazione sia dalla ritenuta indispensabilità
di competenze farmacologiche in un Comitato Etico, sia per evitare che,
con considerazioni e/o calcoli ben precisi vengano ad essere privilegiati,
al fine di far approvare con maggiore facilità piani sperimentali
non del tutto accettabili, Comitati Etici in cui sia assente la figura
del Farmacologo. Risulta a questo gruppo di lavoro che sono attualmente
operativi, specialmente a livello di IRC situati in piccoli centri, C.E
in cui sono predominanti aspetti professionali a carattere giuridico, medico-legali
e bioetico rispetto a figure medico professionali, compresa la figura del
Farmacologo. A questo riguardo si ritiene lodevole, e si invita la SIF
a farla propria, l'iniziativa di alcuni Comitati Etici di rendere obbligatoria,
mediante inserimento nello Statuto o nel Regolamento, la presenza del Farmacologo,
pena la non validità delle riunioni.
Un altro aspetto che questo gruppo di studio desidera sottolineare
è il fatto che il D.M riguardante i Comitati Etici ha preso in considerazione
soltanto la problematica riguardante la sperimentazione clinica di farmaci
e non ha preso in considerazione le funzioni e i compiti di un Comitato
Etico di Ospedale. Spesso in un Centro Ospedaliero (universitario o non)
sorgono problemi farmacoterapeutici (per i quali il Farmacologo può
portare utili indicazioni) di particolare gravità e delicatezza,
quali l'uso compassionevole e/o l'uso una tantum (per terapie di "salvataggio")
di farmaci registrati all'estero e/o registrati per altre indicazioni o
per altre vie di somministrazione.
Sulla base di tutte queste considerazioni risulta evidente l'estrema
delicatezza dei compiti richiesti al Farmacologo. Si ritiene quindi opportuno
che la SIF effettui un censimento delle figure professionali a carattere
farmacologico presenti nei vari Comitati Etici al fine, dopo avere stabilito
alcuni requisiti minimi (come ad esempio laurea in medicina e/o esperienze
sulla elaborazione e valutazione di protocolli di ricerche farmacologiche
cliniche e/o partecipazioni a corsi specifici organizzati allo scopo dalla
SIF; o altro) di certificare il curriculum ed elaborare una lista di esperti,
cui dovrebbero attingere i vari comitati etici; non è assolutamente
accettabile che la figura del Farmacologo venga ricoperta da un farmacista
o da un clinico che ritiene di avere le competenze farmacologiche necessarie.
L. Caprino, D. Criscuolo, M. Eandi, C. Patrono, C. Sirtori