FINANZIAMENTO DELLA RICERCA:
REALTA' E NOVITA'
DEL PROGRAMMA MURST
Il programma di Co-finanziamento MURST della ricerca sta per completare
il suo terzo anno di vita. Colloquialmente il programma è spesso
indicato come “ex-40%”. A mio giudizio, però, questo riferimento
non potrebbe essere più improprio. Rispetto al 40% di un tempo,
infatti, quasi tutte le caratteristiche sono cambiate. Focalizziamoci su
due differenze importanti: a) i soldi sono aumentati quasi di 3 volte;
b) la valutazione della ricerca viene fatta non per decisione (assai sbrigativa)
di comitati ma per approfondita analisi da parte di revisori (almeno due
per ogni progetto. In Biologia e Medicina spesso molti di più, fino
a sei).
Il progresso, assai apprezzato anche a livello internazionale, iniziato
per intuizione del Ministro Berlinguer e ulteriormente rinforzato dal Ministro
Zecchino, è divenuto possibile per la collaborazione davvero generosa
di larga parte della comunità scientifica. Pensate che al momento
il “data base” (debitamente costruito e praticabile) dei revisori biologici
e medici si avvicina a 8.000, di cui circa 2/3 stranieri. Per la maggior
parte dei progetti, quindi, l’identificazione di revisori qualificati non
pone seri problemi. Tutto a posto, quindi? Probabilmente tra voi ci sono
alcuni che, anche in base a specifiche esperienze, non saranno d’accordo
con una conclusione del genere. Tutti noi sappiamo che la valutazione per
peer review, pur essendo l’unica accettabile, non è, nè può
essere, priva di errori. In aggiunta, analizzando i risultati ottenuti
finora dai vari gruppi, mi sono convinto che quanto discusso recentemente
su Science Vol 285, pp. 666-667, a proposito della differenza considerevole
che esiste tra i vari campi di ricerca è proprio vero. In quelli
più avanzati, infatti, le richieste dei revisori sono più
grandi e rigorose, quindi il successo è senz’altro più difficile.
Mentre per arrivare ad un confronto accettabile tra le varie aree (non
solo scientifiche, come Biologia e Medicina, ma anche tecniche, giuridiche,
umanistiche ecc.) abbiamo sviluppato un semplice ma, a mio giudizio, assai
sensato artificio matematico, nell’ambito delle singole aree il problema
rimane ancora aperto.
L’insuccesso di alcune domande, però, può dipendere non
tanto dalla “sfortuna”, come discusso finora, ma anche da errori compiuti
dai proponenti. Consideriamone soltanto due, collegati tra loro: a) gruppi
di ricerca troppo numerosi e qualitativamente eterogenei: le Unità
deboli, anche se minoritarie, possono “affondare” anche quelle forti; e
b) gruppi magari buoni, o anche ottimi, ma interessati a cose diverse,
senza evidenti ragioni, se non di collaborazione, almeno di positiva interazione
critica. Bisogna pensare ormai che la valutazione delle domande è
fatta da revisori professionali che lavorano usando criteri di eccellenza
scientifica, non le strizzatine d’occhio di un tempo. L’opinione espressa
dai revisori (nel loro complesso) è definitiva, non può essere
corretta (o manipolata) nel Comitato Garanti. La qualità formale
della application: ordine, chiarezza, coordinamento tra i vari contributi,
completezza ecc. - finisce quindi per contare molto nel giudizio finale.
Concludiamo con le novità. Già negli anni scorsi circa
un quarto dei progetti finanziati, scelti in base a criteri trasparenti,
sono stati affidati ciascuno ad un esperto, il monitore esterno che, dietro
un modesto compenso, ne sta seguendo il lavoro scientifico intervenendo
criticamente e informando il MURST degli sviluppi. Quest’anno il Ministero,
su nostra sollecitazione, ha deciso di andare più avanti, di nominare
cioè per ogni area una commissione di 3 esperti che analizzerà
il lavoro di tutti i progetti “in esaurimento”, quelli cioè iniziati
nel '97, come risulta dalle relazioni dei coordinatori e, se il caso, anche
da quelle dei monitori. Insomma, per la prima volta il lavoro di ricerca
finanziato dal Ministero sarà valutato, come si dice in burocratese,
anche ex post. Eventuali scandalose inadempienze comporteranno interventi
fino alla esclusione di ricercatori dal programma e alla richiesta (all’Università)
di restituzione dei soldi mal spesi.
Nel complesso quindi il programma Co-finanziamento si è sviluppato
assai di più, e io credo anche meglio, di quanto molti di noi si
aspettassero. Ulteriori sviluppi sono in fase di avanzata preparazione.
Qualcuno potrebbe obbiettare che i grants erogati non bastano a sostenere
un laboratorio in piena attività. Vero. Personalmente ritengo, però,
che il significato del programma non sia solo economico, ma dimostri (per
la prima volta nel paese) un vero interesse per la ricerca intesa come
motore della cultura all’Università. Il docente-ricercatore ottiene
soldi, in base alla sua “qualità”, per la sua Università;
egli potrebbe quindi essere definito come “un buon investimento”. Potrebbe
essere il punto di partenza verso una più completa riforma dell’accademia
di cui, a mio giudizio, abbiamo grande bisogno.
Jacopo Meldolesi