(inviato a varie testate giornalistiche)
Caro Direttore
Il Decreto, predisposto dal Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro della Sanità On. Rosi Bindi, per la riforma del Sistema
Sanitario Nazionale prevede un parziale rimborso della terapia omeopatica
e di altre terapie ”non convenzionali” a carico dei fondi integrati del
Servizio Nazionale. La notizia, apparsa sui quotidiani del 15 e 16 Aprile
1999 accompagnata da grandi titoli quali ”sdoganata l’omeopatia”, suscita
serie preoccupazioni in molti medici e nelle società scientifiche.
II Consiglio Direttivo e numerosi soci della Società Italiana di
Farmacologia mi hanno sollecitato di ribadire il punto di vista della Società
sulla terapia omeopatica.
Esso è stato espresso nel Documento delle Società Europee
di Farmacologia preparato nel 1992 dai rappresentanti di 13 Società.
Nessun nuovo dato sperimentale e clinico à stato pubblicato da allora
che permetta di modificarne le conclusioni che riassumo brevemente.
E' noto che la medicina omeopatica si basa fondamentalmente sulla regola
dei ”simili che curano i simili” e prevede la somministrazione di sostanze
a diluizioni elevatissime, preparate secondo procedimenti che dovrebbero
”attivare” le poche molecole assunte dal paziente.
I principi sui quali si basa la medicina omeopatica sono del tutto
incompatibili con le attuali conoscenze scientifiche e non trovano alcun
supporto nella biologia molecolare. Gli studi clinici controllati, eseguiti
negli ultimi anni sui prodotti omeopatici, hanno portato a risultati negativi
o dimostrato una dubbia efficacia solo in patologie con una forte componente
psicologica. II rischio della medicina omeopatica è che pazienti
affetti da gravi patologie non siano trattati con farmaci di provata utilità,
venga ritardata la diagnosi di serie malattie, ed essa si presta ad essere
praticata da ”guaritori” e ciarlatani.
I farmacologi sono ben coscienti che i farmaci non sono il solo mezzo
per curare, conoscono l’importanza e l’efficacia dell’effetto placebo e
dei fattori psicologici. La fiducia nel medico, le parole di speranza e
la suggestione hanno una grande importanza nel determinare un miglioramento
delle condizioni di salute del paziente. Esse a volte mancano nella medicina
”scientifica” e questa mancanza è uno dei fattori che spinge il
malato a rivolgersi alla medicina ”non convenzionale”.
La preparazione e la messa in commercio dei medicinali omeopatici sono
regolate dal D.L.vo 17 marzo 1995, n° 185 ”Attuazione della Direttiva
92/73/CEE in materia di medicinali omeopatici”, ed esiste una Farmacopea
Omeopatica Europea e in alcuni paesi della Comunità l’omeopatia è
praticata più che in Italia. Anche nel nostro paese essa è
in espansione. Ciò dimostra che la medicina omeopatica ha un riconoscimento.
Ma ciò non significa che abbia anche un’efficacia. Va ricordato
che anche la ”teriaca”, antica medicina composta da moltissimi elementi,
compresa la carne di vipera, è stata utilizzata per centinaia di
anni a partire dal medioevo fino all’inizio dell’800, era venduta sotto
il controllo degli Stati e ritenuta una panacea universale fino a che la
medicina ”scientifica” ne ha dimostrato l’inutilità.
E' tuttavia motivo di sorpresa e protesta che il Ministero della Sanità,
che esercita, tramite un suo Dipartimento, un attento controllo sui farmaci
”allopatici” prodotti dalle industrie farmaceutiche, che mette in fascia
C non rimborsabile tutti i farmaci la cui efficacia terapeutica non è
rigorosamente provata, che emana ”note limitative” all’uso di molti farmaci,
per giustificate ragioni scientifiche ma non di rado solo ai fini, comprensibili,
di ridurre la spesa farmaceutica a carico del SSN, ritenga adesso, per
facile demagogia, di avallare i farmaci omeopatici e altre terapie non
convenzionali, sulla cui efficacia non potrà mai esercitare alcun
controllo, ammettendone la rimborsabilità, sia pure solo sui fondi
integrati.
Ringrazio per l’attenzione e invio cordiali saluti,
Firenze, 18 Aprile 1999
Giancarlo Pepeu
Presidente della Società Italiana di Farmacologia