“START-UP
COMPANIES” IN ITALIA: QUALCOSA SI MUOVE
Il
caso della Biosearch Italia
Negli
Stati Uniti, nel corso del 1998, si contavano 350 nuovi farmaci cosiddetti
”biotecnologici” in varie fasi di sviluppo. Gli investimenti nel settore sia
da parte di gruppi farmaceutici che nelle aziende biotecnologiche sono enormi.
Nel campo biomedico numerosi ricercatori sono così impegnati in varie attività
per identificare nuovi target biologici necessari per la scoperta sia di farmaci
innovativi che di strumenti diagnostici. Una vera ricchezza in termini di
innovazioni nel campo sanitario, senza contare l’assorbimento di personale
specializzato in discipline biomediche impegnato in varie attività. In Europa
c’è un forte ritardo nel settore delle biotecnologie; ci sono varie cause fra
cui la legislazione carente (vedi anche documento SIF nel 1997), la mancanza di
finanziamenti privati per l’innovazione, ecc. Tuttavia, negli ultimi due anni
si sono viste parecchie iniziative, cambiamenti rapidi sono in corso e c’è un
dibattito continuo sulla legislazione europea in materia. Basti citare le
iniziative nei Lander tedeschi con l’esempio della Baviera che ha stimolato la
formazione di oltre 100 biotech companies in meno di due anni, le varie
iniziative nate attorno a Oxford e Cambridge, le aperture del Ministero della
Ricerca Francese ai ricercatori accademici.
Inoltre
l’Europa del V° Programma Quadro contiene chiare indicazioni perché venga
stimolata la formazione di piccole biotech e start-up companies. In Italia,
siamo ancora fermi, o quasi. Tuttavia qualche segnale incoraggiante si comincia
a intravedere. Ne è un esempio rilevante la nascita di Biosearch Italia. In
questo breve articolo ho riassunto alcuni aspetti di interesse per i
farmacologi, tratti da una intervista con il Dr. Claudia Quarta, Amministratore
Delegato di Biosearch Italia e principale protagonista di questa interessante
”avventura”.
Nasce la Biosearch Italia
La
Biosearch Italia è nata dal Centro Ricerche Lepetit, uno dei tre principali
centri di ricerca della Marion-Merrell-Dow (MMD), a cui il Gruppo Lepetit era
affiliato. Esso svolgeva all’interno di MMD un ruolo altamente strategico,
essendo il centro di scoperta di nuovi antibiotici, e centro globale di
High-Throughput Screening (HTS). Questo significa che il centro di Gerenzano
(Varese) era per certi aspetti il cuore della ricerca della MMD, avendo la
responsabilità della prima identificazione di nuove molecole biologicamente
attive di interesse in aree terapeutiche anche diverse dall’antiinfettiva,
quali oncologia, sistema nervoso centrale, cardiovascolare e immunologia.
L’acquisizione
di MMD da parte del Gruppo Hoechst, con la creazione della
Hoechst-Marion-Roussel (HMR), ha portato – nel dicembre del 1995 – alla
decisione di escludere dall’organiz-zazione della ricerca del nuovo ”colosso
farmaceutico” i tre centri di ricerca principali della MMD, ossia Cincinnati,
Strasburgo e Gerenzano.
Per
evitare la chiusura del Centro, un gruppo di manager, con pieno accordo della
HMR, ha portato a termine la creazione di Biosearch Italia – il 31 dicembre
1996 – attraverso un processo di management buy-out (MBO).
La
società, nata come S.r.l., poi e divenuta S.p.A., distribuendo azioni ordinarie
ad alcuni manager ed azioni privilegiate al resto dei dipendenti.
Finanziamenti
Con MBO si intende l’acquisizione di una società da parte di alcuni dirigenti della stessa, che divengono così imprenditori. In queste operazioni si fa generalmente ricorso ad un finanziamento esterno, dal momento che il management non dispone, solitamente, di risorse finanziarie per l’acquisizione e l’avviamento dell’azienda. Nel caso di Biosearch Italia non c’è stato bisogno: il Centro è stato ceduto ad un prezzo simbolico; inoltre, nel corso dei primi due anni di attività, 1997-1998, Biosearch ha ricevuto 28 miliardi di lire da HMR, in minor parte come finanziamento per lo start-up, per l’altra parte a fronte di attività di ricerca svolte per conto di HMR. Quete condizioni ”favorevoli” sono state concesse da HMR – che ha dimostrato grande lungimiranza nel sostenere l’iniziativa – poichè il rischio dell’operazione era elevato, trattandosi di un centro di ricerca e pertanto centro di costo senza alcun fatturato. Attualmente le fonti di ricavo sono quattro:
I
license fees derivano da due molecole, ramoplanina e BI397, inibitori, con
diverso meccanismo, della parete cellulare di microorganismi Gram+, cedute
in licenza rispettivamente a ”Intrabiotics” e ”Versicor”, due società
situate nell’area di San Francisco, per il loro sviluppo e
commercializzazione negli Stati Uniti e Canada. II contratto di licenza
comprende un pagamento iniziale e successive quote al raggiungimento di
obiettivi di sviluppo ben definiti, alcuni già raggiunti, per un totale di
alcuni milioni di dollari, ed inoltre royalties sulle vendite.
Contratti
di collaborazione con due aziende multinazionali per la scoperta di nuove
molecole di loro interesse attraverso la banca di estratti microbici ed il
sistema di HTS. Questi contratti prevedono oltre ad un servizio a pagamento,
anche versamenti di quote al raggiungimento di varie tappe e royalties nel
caso di scoperta e commercializzazione delle nuove molecole. Dalle
collaborazioni e da alcuni servizi offerti – soprattutto nell’ambito
dell’analitica – dovrebbe derivare un fatturato tale da coprire circa il
10-20% dei costi di gestione.
I
capitali privati sono assolutamente essenziali a sostenere simili iniziative
e sono difficili da reperire in Italia. I contatti infatti sono stati per lo
più sulla piazza londinese e tra tutte le possibili fonti di Venture Capital
si è concluso l’accordo con ”3i”, un gruppo finanziario privato
specializzato nel finanziamento dello sviluppo di imprese, con sede
principale a Londra e quotato in quella borsa, ma con suoi uffici a Milano.
Ed è proprio con i responsabili degli uffici di Milano che sono iniziati i
contatti e si è sviluppato la reciproca conoscenza e precisato il piano di
sviluppo dell’azienda, in perfetta sintonia. II gruppo ”3i” ha già
acquisito una parte della Compagnia e la propria partecipazione aumenterà
fino a circa il 40%, entro un certo arco di tempo, a fronte di 28
miliardi.
Finanziamento
da parte del MURST per un periodo di tre anni (Legge Giugni 451) che
rappresenta una valida contribuzione alle spese per la scoperta di nuovi
antinfettivi.
In
prospettiva la Biosearch potrà avere un accoglimento favorevole dal mercato
poiché l’azienda presenterà un I.P.O. (initial public offering) per reperire
capitali non gia per pagare un proprio indebitamento – potendo molto
verosimilmente disporre di sufficiente liquidità – ma per finanziare un
preciso programma di ampliamento finalizzato alla crescita di valore
dell’azienda. Il mercato di riferimento statunitense per le aziende a bassa
capitalizzazione e con grosso potenziale di crescita, come le aziende di
biotecnologia, è il NASDAQ. In Europa operano gia da tempo altri mercati tra
cui London Stock Exchange, Alternative Investment Market, ESDAQ, equivalente del
NASDAQ e Euro Nm (New Market). E’ notizia recente che l’EASDAQ, operante dal
1996, aprirà un proprio ufficio a Milano dopo aver aperto lo scorso anno uffici
a Parigi e Francoforte. Inoltre, dal 29 gennaio di quest’anno, il ”Nuovo
Mercato”, con sede a Milano, è stato ammesso al circuito europeo (Euro Nm)
che già comprende i mercati di Parigi, Francoforte, Amsterdam, Bruxelles. E’
questo un mercato che ha registrato nel 1998 una performance di crescita del
proprio indice superiore al 30% ed a cui si guarda con grande attenzione
essendo specificamente ”adatto” per aziende piccole e medie del settore
high-tech, fra cui le biotecnologie.
Obiettivi di ricerca
Biosearch
Italia è una ”Biotech Company” dedicata alla scoperta e sviluppo di nuovi
agenti antimicrobici per la cura delle infezioni causate da microorganismi
resistenti ai comuni trattamenti – problema che diventa sempre più grave –
e che pertanto rappresentano un forte bisogno sia medico che commerciale. Gli
obiettivi di ricerca sono estremamente precisi. L’impiego è interamente
concentrato sulla scoperta, caratterizzazione e sviluppo di nuovi antiinfettivi
da estratti microbici. L’obiettivo in generale è di diventare una azienda
farmaceutica che sviluppi e commercializzi i prodotti, naturalmente in un
mercato ristretto, Italia ed eventualmente
Europa, dando in licenza gli stessi per gli altri due grandi mercati: Stati
Uniti e Giappone. Così si è scelto di dare in licenza le molecole citate in
precedenza a due piccole compagnie piuttosto che ad aziende multinazionali.
Queste ultime infatti sono generalmente interessate ad uno sviluppo globale è
questo non è precisamente in linea con la strategia commerciale. Un altro
vantaggio derivante dalla collaborazione con piccole compagnie consiste nel
fatto che Biosearch Italia ha diritto ai dati dello sviluppo clinico, a titolo
gratuito, per se stessa e per eventuali aziende, ad acquisire il prodotto in
licenza per il mercato giapponese. Per ultimo rimane il diritto di produrre la
specialità farmaceutica, per via fermentativa, poiché si mantiene la proprietà
del ceppo produttore. A tal proposito sono gia avviate interessanti
collaborazioni per la produzione. Ovviamente, per organizzare queste attività
diverse dalla discovery occorrono capitali che saranno ottenute attraverso una
quotazione in borsa, prevista entro il 2001.
Tecnologie
ed alleanze
Alla
Biosearch Italia si può trovare quanto di più avanzato possa esservi
nell’ambito del processo di HTS per la scoperta di nuove molecole da campioni
di origine naturale. Questo è uno dei vantaggi del restare focalizzati e non
disperdere le energie. Un altro punto a favore della competitività e quello di
possedere un processo fortemente integrato che comprende tutte le attività
necessarie alla scoperta e caratterizzazione di nuove molecole antiinfettive:
dall’isolamento dei microorganismi alla messa a punto di saggi innovativi,
all’HTS, alla caratterizzazione chimica e biologica delle nuove molecole ed ai
processi di produzione su scala pilota.
Sicuramente
conta la provenienza da una ”multinazionale” dove per giocare un ruolo
strategico in queste società è necessario essere allo stato dell’arte. Un
riscontro più obiettivo viene poi da diverse aziende a tecnologia avanzata che
manifestano interesse a stringere delle alleanze o avviare rapporti di
collaborazioni con Biosearch Italia.
Attualmente
le alleanze sono nella discovery. Esempio tipico è la collaborazione con
”Versicor” di San Francisco, leader nella chimica combinatoriale. II
progetto, denominato ”Biocor”, per sottolineare la partecipazione
egualitaria delle due società – Biosearch e Versicor – al programma comune,
consiste nella scoperta di nuovi agenti antiinfettivi attraverso uno sforzo
congiunto. Biosearch rende disponibili quelle molecole che derivano dalla
propria ricerca ma che non hanno, per uno o per l’altro motivo, tutte le
caratteristiche idonee per lo sviluppo. Tali scaffold di origine naturale
vengono così sottoposti ad un programma di ottimizzazione attraverso la chimica
combinatoriale. Gli accordi prevedono il diritto di Versicor per la
commercializzazione negli Stati Uniti e Canada, e di Biosearch per L’Europa;
eventuali proventi per la licenza in Giappone verrebbero condivisi. Un’altra
alleanza è con un’azienda francese: Thallia, un gruppo che si caratterizza
per una raccolta di estratti da microalghe, che rappresentano una fonte di
diversità interessante, da saggiare su vari target attraverso il sistema di HTS.
Anche in questo caso non vi è alcuno scambio economico ed i risultati verranno
pariteticamente condivisi. Altre Collaborazioni sono in fase di definizione
anche avanzata. Nelle ricerche si trova anche un contributo da parte
dell’università italiana. Ci sono tuttora delle ottime collaborazioni con
università sia italiane che estere. Particolarmente consolidata è la
collaborazione con l’Università di Camerino, con cui esiste da tempo un
progetto per l’ottimizzazione di saggi per la scoperta di molecole in grado di
interferire con la sintesi proteica di batteri e funghi patogeni. Poiché la
collaborazione tra università ed industria è fondamentale per creare
innovazione tecnologica e competitività – come dimostrato dal modello
americano – ed essendo questa poco sviluppata in Italia, si è recentemente
avviato un’iniziativa interessante. Si tratta di un consorzio per le
biotecnologie ”Roberto Lepetit” aperto ad università ed aziende, italiane
ed estere, per sviluppare un technology transfer al fine di dare nuova vitalità
e competitività alle aziende, prevalentemente del settore farmaceutico.
Esempio
che trascina altre iniziative
Di
recente dalla ricerca Pharmacia-Upjhon è nata ”Newron” attraverso uno
spin-off della ricerca sul sistema nervoso centrale. Si tratta di un gruppo di
ricercatori che, non avendo ricevuto i laboratori, prenderanno in affitto alcuni
spazi a Gerenzano. Anche dalla Biosearch Italia è nato uno spin-off molto
interessante, nell’ambito di servizi di biologia cellulare. Per continuare su
questa strada occorre sviluppare un forte spirito imprenditoriale non solo tra i
manager industriali, ma anche tra i docenti e ricercatori universitari. Occorre
poi avere accesso a capitali privati e ci si augura che anche in Italia possa
essere più semplice in futuro reperire capitali di rischio, per poter iniziare
a far partire delle aziende che potranno trovare nei nuovi mercati borsistici
una risposta al proprio bisogno di ulteriori capitali per finanziare un sempre
maggiore sviluppo.
Ennio Ongini